lunedì, ottobre 16, 2006

La lenta agonia di una città promessa ma mai mantenuta...

Che dire. Nel titolo il link ad un articolo devastante e disarmante sulla città dove sono nato e vissuto per gli anni migliori della mia vita, una città che on i suoi colori, sapori, odori, ha condizionato quello che sono e mi ha regalato gli amici che mi accompagnano nella vita, oltre che stupendi momenti di svago con i nuovi compagni di viaggio romani.

Una città abbandonata, condannata, vilipendiata e offesa, dai suoi governanti, ma in primo luogo dai suoi cittadini.
Dal 1969 al 1991 la Siderurgia è stato il motore che ha spinto avanti la città, con l'italisider, poi Ilva, poi privatizzata da Mr. IRI-Prodi con un regalo dello Stato alla famiglia Riva. Strano rapporto quello tra città e stabilimento, una simbiosi che va oltre il mero scambio lavoro-ricchezza. L'Ilva si estende per superfici pari a quelle della città, se non maggiori.

I suoi scarichi, le sue ciminiere, le sue luci conferiscono un'aspetto caratteristico e visibile da Km alla città. Nel cielo giallo per le luci industriali, la città è specchio delle ciminiere.
Amata e odiata l'industria non è mai diventata parte della vita cittadina, e con lei le innumerevoli torme di ingegneri provenienti da tutta Italia che per quei venti anni hanno animato la vita sociale e civile di Taranto.

E la diversità è rimasta. Semmai si è accentuata col passare degli anni, specchio di una società sempre più china su se stessa, pronta a consumare ciecamente, senza programmare il futuro, prendere il presente e non avere visione del futuro.

Scuole inefficenti, se non per dorate isole e cmq legate nel successo all'iniziativa degli studenti, popolazione che mira principalmente ad apparire (per la maggiorparte), lucidi e tirati a nuovo, ma incapaci di parlare in italiano, non dico corretto, ma almeno italiano. E capaci di sopportare maleducazione e soprusi con una rassegnazione degna del peggior servo... sto perdendo la bussola di questo post.
Vorrei urlare contro il malcostume diffuso, urlare contro quegli stessi rappresentanti del popolo che ho contribuito a mandare al potere, e che hanno pugnalato una città già moribonda. Vorrei schiaffeggiare ogni singolo cittadino che ha atteso la fine con la rabbia nelle parole e l'inazione nel braccio, che aspettava l'arrivo di aiuti, consigli, interventi da altri e non dal suo impegno, che la filosofia è parlare bene davanti, male di dietro, ma mai, mai, esporsi in prima persona per cambiare le cose che non vanno.

Ma io posso parlare? io che sono andato via dalla città appena terminata la scuola dell'obbligo, diretto a altri lidi, mantenendo si una base fissa in zona, ma frequentandola poco... e male... forse anche sulle spalle di coloro che potevano ed hanno scelto di allontanarsi, in cerca di un futuro migliore, piuttosto che restare e lottare per la città e la sua salvezza.
I migliori di Taranto sono in giro per il mondo.
Nel mentre l'albero da' frutti con i rami più alti, le radici seccano.
Non so che aggiungere... ma ho dentro una grande rabbia.

1 commento:

Margolis ha detto...

Bravo Vincio, il pensiero è proprio quello.