Venerdì sera. Serata segnata dalla stanchezza somma. E' tutta la settimana che corro come un matto, facendo orari improponibili la notte, ed alzandomi lesto per andare in ufficio. Sono davvero sfinito.
Dopo aver passato con Mary la serata, ammorbandola di sbadigli, mancamenti e sonnecchiate (che figura penosa!!!), mi rpedispongo al letto, aspettando la calata dal Nord del prode Rocco.
Il cellulare suona nel buio della stanza, con sforzo enorme riesco a recuperare l'apparecchio ed assumere una voce meno cavernosa quando rispondo.
Dall'altra parte un Rocco molto vispo mi comincia a bombardare di domande su strade di Roma, per arrivare a Flaminio - Piazza del popolo, passando da Roma Nord. Entro nel panico, anche perchè le richieste di informazioni sono superiori alle mie capacità ricettive... prendo tempo... è un male: arriva la domanda che sapevo aleggiava nell'aria... Dai, ti passiamo a prendere e ci accompagni dove dobbiamo arrivare, così evitiamo di perderci. Orbene, insistono per cinque minuti sull'argomento (lui e la Paola, ragazza che conoscerò solo dieci minuti dopo), e mi prendono per sfinitmento. Mi cambio dal pigiama ad un vestiario per l'esterno, e mi ributto sul letto a sonnecchiare fintanto che arrivano. Non so quanto tempo passa, ma quando risuona il cellulare, è con l'aria del condannato a morte che mi dirigo alla porta.
Durante la discesa delle scale, raccolgo le ultime energie, per fare una buona prima impressione su Paola (almeno non da zombie, ecco, perchè trascinare i piedi e rispondere SIII, MHMMM, BOH, NOOO, con voce cavernosa di certo non aiuta le relazioni sociali) e per non farmi sfinire da Rocco e le sue menate su come sono triste. Così, ristrutturato il mio aspetto fisico, entro in macchina di Rocco, e nuovamente arriva il bombardamento di info su come si arriva qui, come si va lì... e scopro con orrore che il multitasking nelle mie condizioni non è funzionante. O mantengo l'aspetto di chi regge le ore piccole, e bofonchio, oppure rispondo, ma vad perdendo in smalto. Comincia una durissima partita di dosaggi per mantenere capra e cavoli, e credo che alla fine, se non proprio brillante, quantomeno passabile lo sia stato.
Parcheggiamo la macchina a Passeggiata di Ripetta, perchè il locale è sul fiume, in un barcone... capirai... diluvia, come dire acqua sotto ed acqua sopra... l'umore barcolla tra la tragedia e lo sconforto... anche se l'aria frizzante della notte comincia a svegliarmi (come quando facevo lo scelto di compagnia al militare, ma erano altri tempi).
Man mano che il Baja si avvicina, con la sua sagoma tozza posata sull'acqua, mi accorgo che forse è meno peggio del previsto, e lentamente il 'UnZ Unz Unz che si va rinforzando, risveglia i sensi del mio corpo, da sempre sensibile al ritmo della musica.
Dopo un'attesa in amabile conversazione col buttafuori, che ci parcheggia all'umido per dieci minuti, giusto per far vedere che il posto è figo, riusciamo a penetrare, talloncino nero nella mano.
Dentro è una bolgia indicibile, con un Dj che continua, ad intervallir egolari a dire "Popolo del Baja, I want you, I miss you, I love you", mentre la musica pompa i bassi e guida il corpo in ritmici sconvolgimenti. Dopo una ricerca nella baraonda Paola incontra la sua amica Miriam, collocata in una zona separata del resto della folla da una ringhiera di legno.
E cominciano le sorprese. La prima è che nel dimenare di corpi della disco individuo due volti, anzi tre, noti: Stefo, Faber e Michela. Saluto, chiacchero, e mi eclisso dopo poco... il peperone all'aglio della cena, che Teresa mi ha imposto (così poi mi dici Brava), piotta sulla fascia, ed ogni tanto sgomma nell'alito, con zaffate letali che possono uccidere... Ecco, l'uscita non programmata comincia a mostrare le pecche organizzative: niente rimedi per l'alito, niente vestiti adatti al luogo... non rimane che supplire di energia e simpatia. Così, mentre inizio a danzare "come un derviscio" (come avrà da dire qualcuno domani mattina, ma questa è un'altra storia), mi accorgo che conosco una ragazza del giro di questa Miriam: è Rosa, una ragazza che bazzicava nel giro di mia sorella alla LUISS, ai tempi dell'Università. Anche lei si ricorda di me. Bacetti, saluti di rito, du' zaffate de peperone e via.
Torno a ballare.
La benzina però scarseggia, quindi mi oriento verso la zona della mescitura, ove al modico costo unico di quindici euro, mi guadagno un Long Island Iced Tea, su suggerimento di Rocco, e il talloncino arancio che consente di uscire dalla disco... e ottengo anche un briciolo di comprensione... mi pareva che non si pagasse l'ingresso.
La serata prosegue così, tra danze e balli vorticosi, con Rocco che invidia le mosse plastiche del mio corpo... lui che, troppo pieno di se, non riesce a vedersi a ballare, timoroso del giudizio degli altri. Io, che ormai da anni tale problema l'ho risolto, non mi pongo più il problema. Il giudizio degli altri è problema loro. Io vivo e agisco di conseguenza. Se voglio ballare ballo.
E siccome la musica mi rapisce l'anima, ballo com un disperato.
I cornetti di fine serata e la pioggia che ci accompagnano a casa sono solo cornice finale ad una serata che mi lascia sul confien tra contentezza e ... non so come definirla... forse... incompletezza. In fondo, mi mancava la partner del ballo... la mia giovine donna Mary, che balla come me, e soprattutto balla con me.
Un neo che peraltro richiede un'operazione di fine diplomazia per essere bypassato senza traumi, ma sono TROPPO stanco... sono le 03:40 del mattino e io ancora non sono a letto, come invece prevedevano i miei più modesti programmi per la serata.
A domani Metternich.
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